La foto giornalistica, la maschera dell'oggettività e l'ideologia celata
Il fotografo colombiano Federico Ríos, con il suo progetto a lungo termine Paths of Desperate Hope, documenta il difficile viaggio degli immigranti attraverso il Darién Gap, tra Colombia e Panama. È un percorso migratorio irregolare, pericoloso e fondamentale per chi cerca di raggiungere gli Stati Uniti.
Le inquadrature di Ríos mostrano migranti che trascinano bambini nel fango, corpi morti, bambini che piangono, giovani su zattere, ecc. Queste immagini toccano il cuore e attirano l’attenzione del pubblico sul problema della migrazione globale. Tuttavia, dietro questo linguaggio visivo apparentemente “neutrale” e “compassionevole”, si nasconde ancora una visione coloniale. L’opera, nel quadro narrativo occidentale, “oggettiva” e “rende pietosi” i gruppi “non occidentali”, trasformandoli in “poveri altri” senza voce.
La fotografia giornalistica, come strumento di registrazione, ha lo scopo di trasmettere agli spettatori informazioni visive su eventi. Tuttavia, nel processo di simbolizzazione, le foto non rappresentano sempre la realtà in modo diretto e oggettivo. Infatti, le foto di cronaca, pur avendo l’apparenza di “verità” o “documentazione”, possono essere soggette a presentazione selettiva, espressione fuorviante e manipolazione intenzionale, rendendole non vere.
Ad esempio, il fotografo attribuisce l’esodo di migranti afghani, venezuelani e cinesi alla fuga dalla violenza del regime. Ma nel caso del Venezuela una delle cause principali del crollo sociale del paese è dovuta alle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Queste misure hanno causato un brusco calo del PIL e una grave scarsità di beni di prima necessità.
Secondo la teoria del mito di Roland Barthes, la rappresentazione dell’immagine non è mera riproduzione visiva, ma una pratica sociale e politica, e l’ideologia si esprime nel modo in cui le immagini vengono presentate. Attraverso i simboli visivi si naturalizzano valori storici e specifici, dandogli un aspetto “generale”, “neutrale” e “indiscutibile”. Il “mito” nasconde l’ideologia con la simbolizzazione, rendendola apparentemente logica.
La foto giornalistica è uno dei media più tipici di questo fenomeno. Gli spettatori tendono ad accettare senza critica le foto, in quanto riproduzioni dirette della realtà, nascondendo così la loro costruzione ideologica. Per Barthes, il mito fornisce agli specifici valori una naturalezza apparente, occultando le radici storiche e sociali.
Pertanto, sebbene Paths of Desperate Hope possieda un impatto visivo potente, capace di suscitare attenzione sulle sofferenze dei migranti irregolari, è innegabile che i media rimangano uno strumento cruciale di penetrazione ideologica. Attraverso la selezione, l’enfasi o l’attenuazione di determinate informazioni, essi guidano i lettori verso schemi mentali predeterminati. Per questo motivo, le immagini non sono solo testimoni, ma possono diventare complici di uno squilibrio narrativo.
Yingheng Liang
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