Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

L’incubo americano: i viaggi della disperazione nel progetto fotografico di Federico Rios

Ce lo ripetono da sempre: tutti aspirano al sogno americano. Un’auto, una villetta a schiera, un buon lavoro e una famiglia riunita davanti a un tacchino il Giorno del Ringraziamento. Chiunque, almeno una volta, ha desiderato una vita simile, e l’America si pone come la terra in cui tutto ciò si può realizzare. Tuttavia, troppo spesso ci si dimentica che America non significa Stati Uniti, i quali ne costituiscono invece soltanto una parte. Che ne sarebbe, allora, del sogno americano se uscissimo dai confini statunitensi e indagassimo su cosa succede più a Sud del continente, tra Colombia e Panama?

Il fotografo Federico Rios ha accettato questa sfida, immortalando scatti potenti di alcuni migranti che attraversano il Darién. Si tratta di una pericolosa giungla di cento chilometri, un passaggio cruciale per quelle persone che, in fuga da territori in condizioni critiche e disastrose, sono disposte a tutto pur di raggiungere una vita migliore. L’autore ha il merito di restituire una rappresentazione cupa e raccapricciante della tratta, una prova lampante dell’esperienza di estrema paura e incertezza che travolge i migranti costretti ad affrontare questo viaggio.

Corpi ammassati nelle baraccopoli, coperti di fango e sommersi dall’acqua, mentre si trascinano stanchi lungo le foreste e i fiumi. Queste sono le scene rappresentate dal progetto dell’artista: una dimostrazione della fatica subìta durante la traversata. Il focus delle foto è sull’ansia e sulla tristezza. Sono i volti di chi sta soffrendo, di chi vive la preoccupazione di un futuro incerto.

Tra le varie fotografie, una in particolare mostra la forte contrapposizione tra benessere e miseria: l’attenzione è sul petto di una bambina, che indossa una maglietta con un orsacchiotto; nella parte inferiore del volto si intravedono le labbra incurvate in un’espressione triste. Nella mano, poi, una Barbie. Non c’è simbolo più forte: un grido di denuncia per un’infanzia negata, quella di migliaia di bambini che si ritrovano a vivere la stessa drammatica esperienza.

Figura 1
Lo scatto in copertina è quello più esemplificativo: una barca in primo piano, con onde in lontananza che richiamano un clima di forte sconfinamento, mentre i volti nascosti delle persone esprimono una totale spersonalizzazione dei soggetti fotografati. A dominare la scena è l’oscurità, contrastata da una sola e lieve scia di luce sulla riva del mare. Simbolicamente, tale luce sembrerebbe proprio indicare la ragione che conduce qualcuno ad attraversare il Darién, ossia la speranza di una vita migliore.

Figura 2
Il progetto dell’artista Federico Rios è stato definito “un ritratto sincero e toccante della migrazione attraverso il Darién Gap”, per la forte sensibilità che è in grado di restituire. L’autore ha saputo mostrare le insidie e le varie minacce che caratterizzano la zona – sia quelle della fauna selvatica sia quelle del crimine organizzato – offrendo agli osservatori una chiara e spiccata denuncia di ciò che fondamentalmente è questa traversata: un incubo a occhi aperti.

Barbara Casoli e Letizia Manera

Commenti

Post popolari in questo blog

Cristo si è fermato a Beirut: la capitale libanese distrutta dalle fiamme, nella scatto di Lorenzo Tugnoli

Ali e mari di cura e speranza. Sulla foto "The first embrace" di Mads Nissen

Muri imponenti, identità instabili

Vivere il parto: un viaggio interattivo attraverso "Birth in the 21st Century"

What is truly Scandinavian? Difesa di uno spot tra identità e luoghi