Incel, identità e solitudine condivisa
Gli ultimi femminicidi avvenuti in Italia, uniti alla concomitante uscita della serie Netflix Adolescence, hanno portato ancora una volta al centro dell’attenzione il tema della violenza di genere e di come essa si origini a partire dai contesti più disparati. Tra questi vi sono anche intere comunità online che inneggiano all’odio verso le donne, e trovano nel web un luogo di aggregazione e legittimazione del proprio risentimento. Gli utenti di queste community si autodefiniscono “incel”, abbreviazione di involuntary celibates: uomini che si vedono negato il diritto al sesso e che attribuiscono la colpa di questa condizione alle donne, accusate di essere superficiali e opportuniste.
Gli incel cercano l'identificazione in un modello negativo pur di trovare il proprio spazio all'interno di una comunità, che li sollevi dal senso di inadeguatezza, solitudine e marginalità. Nel loro mondo, le etichette sono fondamentali per costruire la propria identità come gruppo e quella del loro nemico. Ci sono i Chad, le Stacy e le N.P. (Non Persone, le donne in generale). E poi ancora gli alpha, i beta, gli omega e i sigma. Questo linguaggio condiviso permette loro di riconoscersi reciprocamente e validare le rispettive esperienze, trasformando così narrazioni individuali di rifiuto in un'esperienza collettiva significante.
Questi termini nascono nei forum americani come 4chan e Reddit nei primi anni 2010, e sono un perfetto esempio di migrazione culturale attraverso il web. "Chad" e "Stacy" sono archetipi profondamente radicati nella cultura pop americana. Il primo richiama il tipico atleta universitario bianco, popolare e attraente, mentre la seconda incarna la ragazza bella e popolare, al vertice della gerarchia sociale. Entrambi sono stereotipi ricorrenti nei teen movie americani dagli anni '80 in poi. Questo fenomeno rappresenta quella che Gian Paolo Caprettini definisce una "traversata di senso", dove elementi simbolici attraversano frontiere culturali mantenendo alcuni tratti invariati ma acquisendo nuove sfumature contestuali. La teoria della blackpill – la visione deterministica secondo cui l'aspetto fisico condiziona irrimediabilmente il successo relazionale – viene declinata in modo diverso in base ai canoni estetici e alle tensioni sociali specifiche di ciascun contesto.
Il bisogno di appartenenza e condivisione che anima gli incel è legittimo, ma la scelta di costruire un'identità collettiva fondata su ostilità e risentimento rischia solo di aggravare la loro marginalizzazione nella vita offline. Come suggerisce Ugo Volli, la costruzione di un’identità all’interno di un gruppo sociale non dovrebbe corrispondere a una uniformazione acritica, ma restare strumento di orientamento e crescita collettiva.
Il disagio esistenziale alla base di queste comunità online necessita attenzione, soprattutto considerati i risvolti estremamente negativi che ha a livello sociale. Sarebbe auspicabile, tuttavia, sviluppare spazi digitali alternativi capaci di trasformare la sofferenza in momenti di comunicazione costruttiva e lavoro sul sé, anziché in rancore. La sfida culturale è proporre modelli identitari che, pur riconoscendo la specificità dell'esperienza individuale, non costruiscano la propria coesione attraverso la demonizzazione dell'altro. In questo modo, l’estraneità potrà diventare un punto di partenza per un dialogo autentico, e non un rifugio tossico dalla complessità delle relazioni umane.
Claudia Cassano
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