Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Costruire l’identità: il ponte in bilico tra culture

La fine delle grandi narrazioni è un concetto del pensiero postmoderno elaborato dal filosofo Jean-François Lyotard nel libro La condizione postmoderna (1979). In seguito alle trasformazioni del mondo contemporaneo, tra capitalismo e globalizzazione, le metanarrazioni che per secoli hanno guidato il pensiero e l’identità umana sono entrate in crisi. Il che ha fatto sì che si diffondesse l’idea dell’impossibilità di un futuro collettivo e ha generato sempre più dibattiti su temi fondamentali e oggi controversi come l’identità e la cultura. ​

Il tema dell’identità risulta frammentato dal bisogno di un gruppo sociale di rafforzare i propri confini. Per questo, sembra che parlare d’identità oggi significhi muoversi unicamente tra i suoi estremi – identità forte e identità fragile – le cui ripercussioni negative portano agli stessi risultati: strategie di enclosure, costruzione di muri fisici e intellettuali, irrigidimento dell’identità e atteggiamenti ostili verso il diverso, l’estraneo.

La pluralità di prospettive porta alcuni a considerare l’identità come complessità superflua e pretesto per l’isolamento, altri a intenderla come protesta contro l’omologazione del sistema capitalistico. Come sostiene Ugo Volli, è necessario “recuperare l’identità, senza ossessioni, per riuscire a sopravvivere nell’omologazione del mercato globale”. L’identità diventa quindi uno strumento per orientarsi nel e con il mondo, sfruttandone il potenziale trasformativo. 

Adottando uno sguardo semiotico, Gian Paolo Caprettini afferma che l’identità fa parte di un sistema relazionale fondato sulla differenza. Jurij Lotman, con la sua semiosfera, descrive un continuum di segni e individualità interdefinite che riflette – citando Caprettini – “il bisogno di tradurre ciò che viene dall’esterno”: lo straniero non esiste in origine, nasce dall’intraducibilità del “lontano”, da ciò che non si conosce o non si tenta di conoscere. Aprirsi al dialogo è come imparare una lingua straniera: lo straniero è solo chi non abbiamo ancora imparato a tradurre.

Sulla stessa linea di pensiero si colloca il saggio di Umberto Eco “Costruire il nemico”, che riflette, portando esempi storici e letterari, sulla necessità umana di definire la propria identità per contrasto con un altro da sé, un nemico, appunto. Il nemico è necessario per confrontare e mettere alla prova il sistema di valori di un’identità culturale; pertanto, il fenomeno della sua costruzione risulta fondamentale per rafforzare la coesione interna di una collettività. 

L’identità, essendo costruita, è soggetta a trasformazioni e processi continui di scambio, un dialogo analogo a quello che si crea tra culture. È una costruzione di memoria e cambiamento, una continuità coerente nel tempo e nello spazio capace di progettare un futuro che sia collettivo, al contrario di quanto sostenuto dal pensiero postmoderno.

Il potenziale dell’identità sta nel poterla definire continuamente, trovando un punto d’incontro tra noi e gli altri, tra il comprendere e il farsi comprendere, in modo da stabilire un equilibrio che tenga insieme le parti senza uniformarle e annullarle. Per questo la costruzione dell’identità è uno strumento, in quanto può sempre essere ripensata nei termini più coerenti con il luogo e il tempo in cui si trova a essere realizzata.

Federica Cultrera

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