Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Cibo degli immigrati e identità

Secondo un articolo di Ugo Volli, l’identità non riguarda solo la storia o l’etnia, ma anche i costumi culturali. E il cibo è la parte più concreta e quella che evoca maggiormente il senso di appartenenza nell’identità culturale. L’alimentazione e l’identità si costruiscono a vicenda. La gente generalmente pensa che l’abitudine alimentare possa generare l’identificazione di una persona con il gruppo di appartenenza. Inoltre, può anche mantenere la fedeltà di una persona verso quel gruppo, perché le persone associano sempre cibi deliziosi alla propria nazione.

In culture alimentari diverse, le persone tracciano i confini tra l’interno e l’esterno del gruppo, come il ripudio anglosassone per i mangiatori di rane francesi. Allo stesso tempo, le persone evocheranno così il “” e scopriranno che “siamo ciò che mangiamo”.

Prendendo come esempio gli emigrati italiani, dal XIX al XX secolo in Europa c'è stata una grande ondata di emigrazione. Gli italiani in diaspora hanno ricostruito le loro usanze in ambienti diversi. Food: A cultural Culinary History indica che i gruppi di immigrati tendono a mantenere i loro antichi modi alimentari. Rifiutano di cambiare per un determinato piatto o cibo. Ma questa attitudine si modifica o scompare completamente quando tornano nel loro paese d’origine. D’altra parte, Italians and Food sottolinea che gli immigrati creano uno spazio “tradizionale”. In questo spazio, ognuno è chiamato a recitare il ruolo di “italiano”. Questa azione non è solo nostalgia, ma anche un modo di auto-esprimersi e di resistere.

L’identità si rafforza nell’opposizione verso “l’altro”, che spesso viene visto come un nemico. Gli immigrati discriminati ed esclusi in un paese straniero, a causa dei conflitti d’identità interni, rispondono costruendo uno spazio “autentico”. In questo spazio, il cibo diventa il veicolo dell’identità. Con le loro usanze alimentari, hanno modificato quelle del luogo di arrivo. Gli immigrati creano anche alcuni sostituti con ingredienti locali, come la “salsa rossa”: un cibo a base di pomodoro, olio d’oliva, aglio, pasta e formaggio fuso, creato dagli immigrati del Sud d’Italia. È anche il primo piatto italiano popolare riconosciuto in tutto il mondo.

Con il passare del tempo, i cibi creati dagli immigrati si fondono nelle abitudini alimentari della cultura locale principale. Diventano piatti globali e forniscono anche un modo agli immigrati per ottenere l’accettazione nella nuova società. Tuttavia, in sostanza, sono ancora un importante modo per cercare l’identità personale e l’espressione di sé in un paese straniero. Il cibo è la conoscenza di un gruppo a cui si appartiene evocata dall’individuo attraverso una cultura alimentare specifica.

Yingheng Liang

Commenti

Post popolari in questo blog

Cristo si è fermato a Beirut: la capitale libanese distrutta dalle fiamme, nella scatto di Lorenzo Tugnoli

Ali e mari di cura e speranza. Sulla foto "The first embrace" di Mads Nissen

Muri imponenti, identità instabili

Vivere il parto: un viaggio interattivo attraverso "Birth in the 21st Century"

What is truly Scandinavian? Difesa di uno spot tra identità e luoghi