La siccità in Amazzonia. La fotografia di Lalo de Almeida al World Press Photo 2024
L’Amazzonia sta scomparendo. Lunghi tratti del Rio delle Amazzoni sono già in secca. Una terribile siccità sta colpendo dallo scorso aprile quella che è la più grande foresta pluviale al mondo.
La fotografia Drought in the Amazon sembra allora un appello
disperato, un invito a un cambio di rotta collettivo e radicale verso un futuro
più ecologico. L’immagine è stata premiata come vincitrice regionale per l’America
del Sud dalla giuria del World Press Photo 2024. L’autore, Lalo de Almeida, con i suoi progetti fotografici si
occupa da decenni di tematiche che riguardano l’ambiente e la crisi climatica.
In Brasile gli effetti di quest’ultima
sono stati esacerbati nell’anno passato da El
Niño, un fenomeno climatico periodico nell’Atlantico meridionale, e dalla sciagurata opera di deforestazione messa in atto dal precedente governo Bolsonaro.
Lo scatto si presenta come una veduta a volo d’uccello. Ciò che cattura immediatamente la nostra attenzione è un mare di sabbia che a tutti gli effetti ricorda un deserto solcato da dune. Solo in un secondo momento realizziamo di trovarci di fronte al letto di un fiume prosciugato. Il beige di questa landa arida e l’azzurro del cielo sono separati da un’esile striscia di verde: quello che rimane della foresta, che, se non custodita a dovere, rischia di assottigliarsi sempre di più.
Un uomo sta attraversando a piedi là dove una volta gli sarebbe servita una barca. Dalla didascalia veniamo a sapere che è un pescatore. Non sappiamo però cosa sia riuscito a pescare in questo fiume. Se sia riuscito a pescare. La figura è molto piccola: non è la protagonista della foto, la natura lo è; ci ricorda però che gli effetti della crisi climatica non hanno conseguenze solo sull’ecosistema, ma anche su chi quell’ecosistema lo abita. Il suo procedere da destra verso sinistra suggerisce quasi un andare a ritroso, un tornare sui propri passi. Riusciremo allora a farlo anche noi? A fare ciò che è necessario per salvaguardare l’ambiente e per riuscire a evitare lo scenario da mondo post-apocalittico che la fotografia ci prospetta?
Mattia Medina
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