La costruzione dell’identità attraverso la cancel culture
Gian Paolo Caprettini definisce i social network una nuova dimensione della cultura, in continua espansione, che modella la nostra realtà. La cultura progredita attraverso i social ha portato a sviluppare nuove pratiche, e negli ultimi anni abbiamo sentito parlare spesso di cancel culture. La cancel culture è un fenomeno culturale per il quale comportamenti considerati offensivi e politicamente scorretti messi in atto da parte di personalità pubbliche rilevanti (artisti, politici, grandi aziende, celebrità, ecc.) vengono giustiziati sui social media.
Noi stessi, sui social, ci sostituiamo al sistema giudiziario e processiamo qualcuno attraverso Internet, fino a far coincidere per sempre l’identità della persona in questione con il suo errore, sfidando sia il nostro tempo sia la nostra memoria. La congiunzione tra la persona e l’errore, costruita da noi stessi, è strettamente correlata alla nostra identità: emettiamo un giudizio verso l’atro in base alla nostra soggettività, e soprattutto in base ai nostri valori personali.
Ad esempio, nel 2020 alcuni tweet della famosa scrittrice J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, fecero scalpore sui social poiché furono considerati discriminatori verso le persone transgender, tanto che l’autrice fu accusata di transfobia.
I fan della saga, e non solo, ebbero una reazione molto negativa, sentendosi traditi dall’autrice di una storia che amavano così tanto, i cui valori rappresentavano l’opposto.
L’immagine pubblica creata da Rowling non fu rispettata, portando a un vero e proprio accanimento personale verso di lei e alla creazione di un nuovo nemico, divergente dai valori politicamente corretti.
Eppure, siamo anche portati a osservare gli errori dei nostri nuovi nemici provando un senso di sollievo, poiché ci fa sentire migliori, perché noi no, non lo faremmo mai, non agiremmo mai nello stesso modo. Come sostiene Umberto Eco “avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell' affrontarlo, il valore nostro”. Definire ciò che non possiamo accettare nell’identità altrui definisce noi stessi e porta la nostra memoria a ricordare per sempre i loro errori, marchiandoli.
La memoria individuale agisce all’interno della memoria collettiva culturale e questo processo avviene anche attraverso la cancel culture, ricordando collettivamente nel tempo gli errori che non accettiamo negli altri. Ugo Volli afferma che le identità sono costruzioni, non del tutto naturali, ed è ciò che continua ad accadere attraverso nuovi riti collettivi, come quelli legati ai social. Non dimentichiamo però che la nostra identità, seppur determinata dai nostri valori e dalla nostra memoria, resta suscettibile a variazioni relative a esperienze, soggettività ed empatia.
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