Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Perdita di identità o sopravvivenza dell’“unico”?

Nella cultura europea è emerso da qualche tempo uno strano nemico: l’identità, individuale, ma soprattutto collettiva. Infatti, il processo di globalizzazione, come suo primo effetto, ha generato l’omologazione delle culture, spento le particolarità e penalizzato le diversità, messo in crisi le identità personali e culturali, creato complessi di inferiorità o superiorità nelle culture.

Al giorno d’oggi non è raro sentir parlare ancora di “alienazione”, un processo attraverso il quale l’uomo si estrania da sé stesso, perdendo la sua identità genuinamente umana, che è proiettata verso qualcos’altro. Secondo il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau, l’alienazione avveniva nel momento in cui i cittadini, stringendo il contratto sociale, alienavano tutti i loro diritti a favore di un’entità superiore, la volontà generale, che sarebbe l’associazione di volontà particolari individuali in un’entità unica e indivisibile.

È l’età dell’apparire, ma lasciandoci trasportare dall’idea di apparire, siamo sempre più portati a omologarci tra di noi. Vengono dettati dei canoni, delle tendenze nelle quali per l’uomo contemporaneo è difficile non identificarsi, al fine di essere accettato dal gruppo, che in questo caso è la società stessa. È un concetto che va al di là della semplice uniformità: sembra che adesso gli individui debbano essere prodotti in serie, debbano seguire una certa tendenza o si è fuori dalla cultura.

Il concetto di omologazione, in una società capitalista quale è la nostra, è importante soprattutto per chi vende: viene lanciato un prodotto che diventerà sicuramente un fenomeno di massa, con il quale tutti cercheranno in una qualche maniera di identificarsi. La cultura stessa, tramandata con il linguaggio, diviene un concetto universale, il mezzo attraverso il quale vengono diffusi stereotipi e stili di comportamento. Ciò permette alla cultura di essere, a partire dagli anni Ottanta-Novanta del secolo scorso, il sistema simbolico dominante. La cultura è dunque la “lingua”: capace di condizionare e organizzare qualsiasi istituzione sociale e quindi anche il reticolo delle simbolizzazioni, dei valori condivisi.

In conclusione, vi è una perdita di identità individuale, a vantaggio di quella collettiva: proviamo a credere che la nostra identità dipenda dall’“altro”, dal tipo di traduzioni che siamo in grado di compiere, dalle capacità che abbiamo di farci capire. Nella simmetria di ogni scambio umano ma anche nell’asimmetria di nuovi orizzonti da comprendere e di fraintendimenti da superare. L’universo simbolico odierno è illimitato ma ricorrente, persino le fiabe sono universali, uguali per chiunque abbia strumenti per ascoltarle e capirle. Ci sono fiabe lontane ma non straniere, un tutto unico e globale a ragion del quale l’umanità di oggi vede l’estraneità come un punto d’arrivo e non di partenza.

Martina Cianfagna

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