Quando accogliere diventa un piacere: gerarchie fra profughi e rifugiati di prima qualità
La Danimarca sta avviando una serie di tagli al sistema di accoglienza dei rifugiati Siriani sul suo territorio. Che questa notizia non suoni nuova è una triste realtà: il paese nordeuropeo è sempre stato uno degli spettatori più tiepidi della crisi migratoria.
In generale l'Europa non si è mai mossa in maniera unita e unitaria nei confronti della guerra civile siriana e altri conflitti simili, ad esempio in Afghanistan. Questa ostilità nei confronti dell'accoglienza è stata una costante delle politiche europee fino al caso ucraino. Lo stesso continente ha formato un fronte unito per accogliere i milioni di sfollati che la guerra in Ucraina sta causando, nonostante negli ultimi anni abbia sempre guardato con paura e diffidenza i flussi migratori. Se possiamo essere solamente grati di questa svolta umanitaria non possiamo non chiederci cosa distingue questi profughi dai profughi prodotti da altre guerre.
Nel 2011 un colpo di stato fortemente finanziato dalla Russia di Putin ha fatto sprofondare la Siria in una feroce guerra civile. Il numero degli sfollati e dei rifugiati politici è in costante aumento e nel corso di questi 11 anni di conflitto si contano almeno 5 milioni e mezzo di persone che non possono tornare nel proprio paese. Sebbene sia riconosciuta come guerra civile, il numero delle forze straniere in gioco è piuttosto elevato e la massiccia presenza di militanti dell'ISIS ha favorito il dispiegamento di truppe internazionali sul territorio.
Le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra sono innumerevoli. Come è solito fare, l'ISIS ha colpito il patrimonio culturale siriano cancellando millenni di storia e di rapporti culturali fra Damasco e il continente europeo, in primis il rapporto stretto con la Grecia ellenica e l'impero Romano.
La digitalizzazione ha mostrato una faccia inedita del conflitto, quello che può essere ripreso da un telefono cellulare, diventando probabilmente una delle prime guerre “smart” della storia.
Ma tutto questo non basta a smuovere una reazione internazionale. Esiste una gerarchia del diverso? La risposta semplice è sì, e la doppia faccia dell'accoglienza europea lo sta mostrando appieno. La risposta complessa è che noi esistiamo grazie al diverso. “Noi” esistiamo perché abbiamo posto dei confini che ci separano dagli “altri” in quanto europei e in quanto italiani. Per questo fatichiamo ad accettare i profughi siriani, musulmani ed etnicamente arabi, e accogliamo a braccia aperte gli ucraini, cristiani e caucasici. Non basta neanche il nemico comune, la Russia di Putin, ad avvicinarci alle vittime del conflitto in Asia minore. Infatti Umberto Eco in un suo piccolo saggio arriva a dire che il diverso è il terreno di coltura perfetto per la costruzione di un nemico e che in presenza di una “diversità” saremo sempre portati a reagire con diffidenza.
Ad oggi possiamo solo augurarci che i riflettori puntati sul conflitto ucraino contribuiscano a risolvere il problema dei profughi e aiutino l’Europa a sciogliere le proprie ipocrisie.
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