La memoria es un lugar inexacto: Isadora Romero e la sua arte come strumento di resistenza
Isadora Romero è una fotografa e visual storyteller ecuadoriana che si occupa di cultura, identità, genere e questioni ambientali. L’artista, con il suo progetto Blood is a Seed, ha vinto il World Press Photo 2022 nella categoria “Open Format Award”. In questo audiovisivo, Romero parte dalla sua esperienza personale e si interroga sulle migrazioni forzate, sul razzismo, sulla colonizzazione e sulla conseguente perdita della conoscenza ancestrale del territorio.
L’intero
video si basa sul parallelismo tra piante e persone e racconta
l’incrocio di due storie: le radici
della terra, le radici di un popolo.
Le voci narranti sono quelle dell’artista e di suo padre, emigrato dalla
Colombia nel 1981 per sfuggire alla violenza di quegli anni. Insieme, ritornano
al villaggio d’origine per ripercorrere i ricordi legati al luogo e ai loro antenati. Isadora
spera così di riuscire a far luce sul proprio passato ed esplorare la memoria delle terre e delle
coltivazioni, cancellata dal
diffondersi delle monocolture che hanno causato il declino
dell’agrobiodiversità. Durante il viaggio scoprirà che i suoi nonni ricoprivano
il ruolo sacro di “guardiani dei semi”,
ed erano coltivatori e inventori di diverse varietà di patate, oggi quasi del
tutto scomparse.
Il luogo fisico, che dovrebbe dare prova concreta di
quei racconti, è in realtà “un luogo
immaginario” e rimane vivo solo nella memoria di chi lo ha vissuto; ma la memoria è un luogo
inesatto e i ricordi del padre dell’artista sono sfocati. Così come a livello
espressivo diventa sfocata la fotografia del posto in cui il padre e il nonno di Isadora
passeggiavano distinguendo le piante, i loro nomi e i diversi benefici.
Come afferma Iain Chambers in Paesaggi Migratori: “Di fronte alla perdita di radici e al conseguente
indebolimento della grammatica dell’‘autenticità’, ci trasferiamo in
un paesaggio più vasto. Il nostro senso di appartenenza, la nostra lingua e i miti che ci portiamo
dentro rimangono, ma non più come ‘origini’ o segni di ‘autenticità’ capaci
di garantire un senso alla nostra vita. Permangono come tracce, voci,memorie e
mormorii mescolati ad altre storie,
ad altri episodi, ad altri incontri”.
Questo
lavoro multimediale si presenta come punto di convergenza di diverse
dimensioni, innesto di punti di vista:
coltura e cultura, presente e passato,
individuale e globale. Ibridazioni visibili anche nella sostanza
espressiva del progetto, in cui i tratti di matita si sovrappongono alle
immagini: da un lato, Isadora utilizza la fotografia
digitale; dall’altro, il padre usa la tecnica del disegno e del racconto orale.
L’artista
inserisce i codici genetici delle patate nei codici binari delle fotografie e
il risultato è “la patata glitch”,
una nuova specie, non commestibile,
una “patata narrata che rappresenta la memoria sospesa”.
La
colonizzazione agisce come il cane nero nel sogno del padre di Isadora: gli impedisce
di tornare a casa e cancella le tracce, sradica le radici, affievolisce le
voci. In questo contesto, l’arte si
presenta come archivio immutabile, strumento di resistenza che permette ai semi della memoria di germogliare di
nuovo.
Simona Papa e Alice Usala
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