Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

La cultura come vittima di guerra: "The Cinema of Kabul"

Da sempre, le guerre non implicano solo conquiste territoriali e devastazioni, ma anche l’annientamento della cultura e dei simboli di un Paese. Nell’agosto 2021 i talebani dell’Afghanistan entrarono a Kabul occupando la città. Tale presa di potere ha stravolto la vita dei civili che si sono visti negare tanti diritti e tante libertà, soprattutto le donne. Inoltre, molte censure sono state rivolte alla stampa e all’arte, favorendo il divieto di musica e film.

Come tanti cinema, anche l’Ariana di Kabul è stato chiuso. Attivo dal 1963, era una delle sale più antiche della capitale e oggi i dipendenti si trovano in una sorta di limbo, in attesa di capire se potranno riaprire al pubblico. Il governo, oltretutto, ha consentito solo ai dipendenti maschi di lavorare nella struttura, mentre alla regista Asita Ferdous è stato negato l’ingresso.

Il giornalista Bram Janssen,con la sua foto The Cinema of Kabul, ha evidenziato come l’arte e la cultura di un Paese siano anch’esse vittime della guerra, mettendo in luce, nello specifico, l’attuale condizione precaria della cinematografia afghana.

Presentata al World Press Photo 2022, è stata scattata all’interno dell’Ariana: la sala è completamente vuota eccetto per la presenza di Gul Mohammed, un dipendente del cinema. Il colore chiaro dei vestiti, in contrasto con il rosso delle poltronee la disposizione delle luci focalizzano ancora di più l’attenzione sulla sua figura: l’uomo si trova in piedi fra i sedili, nella penombra della sala; infatti, i pochi faretti accessono disposti sullo sfondo e sopra di lui. Il suo sguardo, rivolto verso la macchina fotografica, convoca e interpella lo spettatore. Quest’ultimo viene quindi reso partecipe della condizione che il soggetto sta vivendo intorno a sé.

Alessandra Pelliccia

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