Identità e linguaggio: neutri ma non neutrali
Dovremmo accogliere le novità? Anche quelle che ci disorientano? Chi non condivide le nostre stesse idee contamina la nostra identità?
L’identità è fatta di diversi elementi in cui tendiamo a
riconoscerci, in quanto singoli, in quanto gruppo. La parola stessa “identità”
viene dal latino idem, cioè medesimo,
essere identico.Essere identici a chi?
Uno degli elementi che definisce la nostra identità è sicuramente la lingua. La lingua, desiderata immutabile da
alcuni, è in realtà in continuo
cambiamento, è specchio di un popolo, di una nazione, di un gruppo più o
meno ristretto, ma anche di una singola identità. Così come afferma Marcela Serrano in Dieci Donne: “E
il linguaggio: al tempo stesso
maledetto e benedetto, che non riposa mai, che smaschera ogni cosa, che ti colloca in uno spazio preciso del
mondo, che ti attribuisce un’identità,
ma che ti mette anche a nudo”.
In uno spazio urbano sempre più globale in cui
le categorie binarie si spezzano, il soggetto è polisemico e l’identità è
fluida. In uno spazio digitale che
offre un’infinita quantità di stimoli, si cercano attraverso il linguaggio
nuovi modi per rendersi visibili.
Sono ormai numerose le alternative proposte per rivolgersi a un pubblico eterogeneo, si cerca di andare oltre il linguaggio binario: la “x”, l’asterisco (*), lo schwa (ə), la “u”.
Simboli, lettere, che se usati da qualcuno, soprattutto sui social, possono diventare pretesto di commenti provocatori.
Molto spesso capita di leggere, anche sui gruppi di studenti universitari: “Finalmente uno che scrive ‘qualcuno’ senza asterisco”, oppure, “Ma perché ‘qualcun*’, ‘qualcuno’ non andava bene?”.
Come
scrive Umberto Eco in
un articolo del 2011, da sempre il diverso viene trasformato in nemico e avere un nemico è importante, non solo per definire la propria identità, ma
anche per misurare il proprio sistema di valori. La nostra identità si forma
inevitabilmente per addizioni e sottrazioni, quindi, affermare che siamo tutti
uguali è rischioso. Siamo tutti diversi perché le identità non funzionano per regolarità. È proprio la ricerca dell’omogeneità che porta alla creazione di
uno scarto, alla costruzione di
un’opposizione noi/loro, dentro/fuori. Ecco perché dovremmo parlare di una pluralità di identità e non di una
singola identità.
I cambiamenti spaventano, disorientano, mettono in discussione un
sistema di valori e per questo sono mostruosi.
Afferma Jacques Derrida
in un'intervista del 1990: “Un mostro è ciò che appare per la prima volta […]. Un mostro è una
specie per la quale non abbiamo ancora un nome, il che non significa che la
specie sia anormale […]. Il futuro è
necessariamente mostruoso, un futuro che non fosse mostruoso non sarebbe un
futuro, sarebbe solo un domani prevedibile”.
L’alterità è solo un punto di vista, non esiste “l’altro” assoluto: i criteri di appartenenza a un gruppo non sono prestabiliti, ma vengono ridefiniti di volta in volta. È questa la prospettiva che dovremmo acquisire, una prospettiva variabile e non stabile. Con le parole di Arjun Appadurai sappiamo che “il tratto più prezioso del concetto di cultura è il concetto di differenza”.
Simona Papa
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