“Ukraine: Grey Zone”, in prima linea attraverso lo schermo
In questi ultimi anni è diventata tristemente nota all’opinione pubblica mondiale la guerra civile scoppiata in Ucraina, un conflitto che ha coinvolto la popolazione ormai divisa tra filoucraini e filorussi. Zolote, piccolo villaggio non molto distante dal confine orientale con la Russia, nel 2019 è stato designato come luogo simbolico per il cessate il fuoco tra le fazioni coinvolte. Purtroppo, questa premessa non si è realizzata del tutto. La storia è raccontata dal reporter Benas Gerdziunas nel progetto Ukraine: Grey Zone, tra i finalisti del Digital Storytelling Contest del 2021 organizzato dal World Press Photo. Il progetto si struttura in un percorso interattivo suddiviso in tre capitoli, che sfrutta le possibilità di una pagina web, snodandosi tra didascalie, fotografie e frammenti sonori selezionabili.
Le fotografie, fulcro dell’intero lavoro, sono tutte in bianco e nero: una scala di grigi che richiama chiaramente la zona rappresentata da cui deriva il titolo dello stesso progetto. Esse tradiscono la natura di reportage dell’operazione: chi fotografa è presente (in quanto assente) con chi è fotografato, così come noi siamo presenti assieme a loro. Guardiamo dal finestrino di una macchina, ci affacciamo a una finestra, prendiamo parte a una riunione dei cittadini, siamo coinvolti nella routine di una famiglia. Viviamo la quotidianità di Zolote. Sul piano dell’espressione tutto è privo di colori, tetro, talvolta sgranato. Questo denota, sul piano del contenuto, lo stato di costante stress, ansia e tensione degli abitanti del villaggio.
La natura interattiva del progetto permette e sollecita anche il coinvolgimento del canale uditivo: rumori naturali confusi con spari in lontananza, un programma radiofonico di propaganda, i passi tra le macerie di una casa non più abitata. In questo modo siamo immersi nel paesaggio. Inoltre, la presenza di un sottofondo musicale ricorrente rafforza la continuità della narrazione che stiamo esperendo.
Il grigiore del mondo rappresentato è all’improvviso spezzato da una linea rossa (aggiunta in post-produzione) che in alcune delle fotografie si sovrappone al paesaggio. Questa linea, posta in corrispondenza del confine, rende l’idea di una condizione che prosegue da anni: una situazione in cui le due parti non si affrontano direttamente, ma piuttosto si provocano con atti intimidatori reciproci che tengono popolazione e militari in un costante stato d’allerta. Riferendosi al concetto di confine lo storico Charles S. Maier, nel suo libro Dentro i Confini, sostiene che “un segmento o l’altro del perimetro ai margini del territorio diventa in genere oggetto di contestazione e focolaio di ribellione e resistenza”. Proprio quello che sta succedendo in villaggi come quello di Zolote, ormai teatro di una estenuante guerra di posizione.
In questa zona grigia si assiste, come sostiene ancora Maier, a fenomeni “di osmosi culturale ed etnica”: il perdurare del conflitto ha costretto una buona parte della popolazione a emigrare dalla propria terra per poter vivere in sicurezza. Allo stesso tempo però la natura di quest’area di confine stimola continui confronti e dialoghi tra orizzonti sociali e politici diversi ma non incomunicabili. La speranza, favorita dalle ultime notizie, è che questo stato di tensione possa scemare e risolversi in un proficuo e pacifico interscambio tra popolazioni non così distanti.
Carmine Ciro Di Maiolo e Fabio Melis
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