Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Oltre i confini fisici, non conosciamo l’Altro eppure è il nemico

Quando nel 1989 cadde il muro che divideva la Germania dell’Est dalla Germania dell’Ovest, l’Europa tirò un grande sospiro di sollievo. Finalmente un’intera popolazione in ostaggio di un confine fu liberata. Eppure trentadue anni dopo, parlare di muri non è poi così strano e sconveniente. I confini continuano a prendere di mira ed escludere chi non si trova dalla parte giusta; poco importa se lo straniero arriva nel paese dopo settecentotrenta giorni di cammino e fame.

Costruire muri significa tracciare un confine che divide uno spazio dall’altro, che demarca il normale dal diverso. Ma non solo: ci viene insegnato che dobbiamo proteggerci e difenderci dallo straniero, ci costruiamo così un immaginario mentale che plasma le nostre menti e che ci mette sulla difensiva rispetto all’Altro; lo identifichiamo come minaccioso, cattivo, sporco e puzzolente. Come ladro di bambini. Senza mai domandarci come possa sentirsi o quali siano le sue emozioni.

L’Altro continua nell’arco della vita a farci sempre più paura, oggetto dei nostri pensieri più bui.

Nessuna identità individuale spetta a chi ci chiede l’elemosina fuori dal supermercato, a chi ai semafori dei grandi incroci passa di finestrino in finestrino a supplicarci per qualche spicciolo; al mendicante chino fuori dalla chiesa, accompagnato da un bambino. Sebbene quest’ultimo sia solitamente simbolo di purezza, le menti ormai offuscate sconfinano nella malizia. Almeno una volta nella vita ci siamo domandati: “sarà un bambino rubato da una famiglia rom?”. Perché è questo che ci viene insegnato. Puntare il dito e accusare. Non ci viene spiegato che invece i rom hanno alle spalle una loro storia, delle loro usanze, un loro credo, una cultura; che non sono tutti uguali ma che ognuno è una persona, che non li si può omologare alle nostre aspettative.

Oppure, non mancano i pregiudizi quando si nota che un immigrato africano ha con sé un telefono: “ma come, non era scappato dal suo paese per la guerra e per la povertà?”. Così il bersaglio dei confini è ovunque, non è più solo un luogo ma è anche una pratica; i confini non sono più solo fissi ma anche mobili. Ci si dimentica che la storia dell’umanità si fonda sulle migrazioni.

Ne sa qualcosa Shahram Khosravi, antropologo dell’Università di Stoccolma, che nel 1988 ha intrapreso un lungo viaggio dall’Iran per scappare dalla guerra, e una volta arrivato in Svezia – con non poche difficoltà – è riuscito a ottenere asilo politico per motivi umanitari. Nonostante si sia adeguato a un nuovo modo di vivere occidentale, nel 1991 fu bersaglio di un patriota sfegatato che lo fece finire in ospedale con un colpo di pistola in corpo: Shahram era troppo scuro per essere svedese.

In politica, come a scuola, ci si riempie spesso la bocca di termini come globalizzazione, liberalismo, cosmopolitismo, patriottismo ma quel che spesso si dimentica di insegnare è che ognuno di questi fenomeni crea delle grosse disuguaglianze, che gli Altri vivono quotidianamente sulla propria pelle, senza mai potersi sentire a casa. Servirebbe creare una cassetta degli attrezzi che permetta di sfatare l’idea che la cultura sia un atteggiamento, qualcosa di astratto e non integrabile, come ci suggerisce lo stesso Gian Paolo Caprettini in Esiste una cultura straniera?. Altre letture consigliate per approfondire l’argomento sono Identità: essere uguali ma non omologati di Ugo Volli e Il diverso che viene trasformato in Nemico di Umberto Eco.

Valeria Spinelli

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