Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Esplosione di Beirut: un corpo di macerie

Un boato. Una forte onda d’urto che in una manciata di secondi si propaga per tutta la città, scuotendola dalle fondamenta. Una coltre apocalittica piomba sulla terra. All’improvviso il caldo paesaggio estivo svanisce e l’orizzonte si fa cinereo e offuscato. Questo è ciò che con ogni probabilità hanno vissuto gli abitanti di Beirut il 4 agosto 2020, quando una violentissima esplosione – ampiamente documentata sul web – avvenuta nel porto della città ha portato con sé 207 vite, più di 7000 feriti e quasi 300.000 sfollati (secondo le stime delle autorità locali circa i 2/3 della popolazione della città).

Lo scatto del fotografo italiano Lorenzo Tugnoli, primo premio al World Press Photo 2021 nella categoria Spot News, mostra uno dei concitati momenti successivi allo scoppio: nella foto vediamo un uomo a torso nudo, proprio nel porto non molto lontano dall’epicentro dell’esplosione. Egli ha il capo reclinato ed è intento a guardare un punto vago sul terreno davanti a sé. Intorno a lui si scorgono solo macerie. Il corpo visto quasi di spalle non nasconde e non può nascondere lo sporco, le ferite e i detriti presenti sulla pelle: è proprio il corpo il paesaggio più devastato.

L’espressione che possiamo scorgere sul suo viso richiama quella del Cristo che ha tatuato sulla spalla sinistra: disperata, nel senso di priva di ogni residuo di speranza, ed esausta, come se la vita stesse lentamente scorrendo via. Il volto di quell’uomo come il volto del Cristo, come il volto di un’ intera città.

La nube scura lasciata dallo scoppio occupa con la sua ingombrante presenza la parte superiore della fotografia: incombe sulla città, sullo spettatore, sui sopravvissuti. Eppure, la luce di un sole estivo basso all’orizzonte si poggia delicatamente proprio sulla pelle dell’uomo, scaldandola, mantenendola in vita. Nonostante le circostanze l’indomani il sole sorgerà sulle macerie e la città si rialzerà con lui.

Fabio Melis

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