Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

Esiste una cultura europea?

Firmare accordi politico-economici e abbattere le frontiere per creare una comunità internazionale non comporta necessariamente la formazione di una cultura omogenea. Questo è quanto accaduto negli ultimi 50 anni in Europa. Nonostante i conflitti mondiali, le tensioni e le alleanze in grado di creare un insieme di esperienze pregresse condivise, il progetto di costruire una cultura europea non ha riscosso i risultati sperati.

Ispirati dai principi del modello americano, alcuni dei più grandi politici europei degli anni Cinquanta e Sessanta hanno gettato le basi per un sistema dinamico di cooperazione economica e politica fra i paesi. A tale progetto si è progressivamente accostato il tentativo di costruire un’identità e una cultura europea che coinvolgessero i cittadini dei paesi membri. Tutto ciò, purtroppo, non si è mai completamente realizzato.  

Quella che ad oggi consideriamo la cultura europea, se così possiamo definirla, non è altro che un agglomerato incostante di paradigmi differenti. Come sottolinea Ugo Volli, le identità non sono puramente fatti storici o etnici, ma presentano anche caratteri sociali, politici, culturali, religiosi. E tali costruzioni sono dotate di vitalità e capacità d’azione. Queste presentano differenze, estese nei diversi paesi, che hanno impedito una costruzione omogenea della cultura europea, contrastata dalle singolarità identitarie.

Inoltre, è innegabile che il paradigma europeista sia stato spesso osservato come una minaccia alle culture nazionali. Riprendendo quanto analizzato da Umberto Eco «vengono costruiti come nemici non tanto i diversi che ci minacciano direttamente [...] bensì coloro che qualcuno ha interesse a rappresentare come minacciosi anche se non ci minacciano direttamente, [...] così che la loro diversità diventi segno di minacciosità». La paura di uniformarsi a un carattere generalista e sovranazionale è stata frequentemente cavalcata dalle correnti antieuropeiste, alimentando le identità locali. Questo è avvenuto in tutti i paesi membri, certificando una difficoltà contro cui non vi è ancora alcuna soluzione.

Osservando quella che oggi viene definita cultura europea risalta all’istante una grave mancanza: l’assenza di strumenti in grado di tradurre gli elementi delle diverse culture, in modo da poter assegnare loro un carattere di universale condivisione. È venuta meno l’integrazione delle componenti al fine di creare quella che Jurij Lotman definisce la semiosfera. Con tale termine s’intende l’insieme delle conoscenze che costantemente si confrontano con ciò che si trova esternamente: persone, valori, notizie e informazioni da scoprire, tradurre e inglobare al proprio interno. Facendo un esempio la cultura europea è una riproduzione di quanto avviene in Danimarca fra il mar Baltico e il mare del Nord: essi si toccano senza mai mischiarsi fra di loro. Questo è quanto avviene tra le varie culture nazionali: mari differenti che si sfiorano senza formare una cultura omogenea attraverso il confronto e il riconoscimento reciproco.

Concludendo, ciò che viene considerata la cultura europea è più un miscuglio di idee, identità e abitudini differenti non amalgamate. Difatti non si è giunti alla creazione di un retroterra di riferimento per i cittadini, ancora radicati alle singole provenienze e lontani dal sentirsi culturalmente europei.

Carmine Ciro Di Maiolo

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