Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

"Birth in 21st Century": i diritti riscoperti del parto

Tra i progetti finalisti del World Press Photo 2021, nella categoria Digital Storytelling Contest, Interactive of the Year, ha colpito la nostra attenzione un video che affronta un tema piuttosto difficile da raccontare: il parto. Realizzato dalla società di produzione spagnola Barret Cooperativa, Birth in the 21st Century è un documentario interattivo che mostra senza filtri l’esperienza unica della nascita, fornendo tutte le informazioni necessarie al benessere della donna e del bambino.

Il video, suddiviso in sei capitoli, racconta le storie di cinque donne durante la gravidanza e il parto all’interno dell’ospedale universitario La Plana. Questa struttura si avvale di un team di ostetriche specializzato in un supporto più umano e rispettoso nei confronti della donna e dei suoi diritti.

In ogni sezione lo spetta(t)tore può interagire compilando un questionario sulle proprie scelte che dovranno essere rispettate durante il parto. Le domande sono inoltre accompagnate da brevi video in cui gli esperti forniscono maggiori informazioni su ogni fase. Tramite un bottone si possono comparare le esperienze del parto prima e dopo l’emergenza del coronavirus.

A un’attenta osservazione del documentario emergono categorie semantiche ricorrenti, dette isotopie. Il corpo femminile è una di queste fin dal titolo, composto dalla scritta rosa Birth con accanto una parentesi tonda a imitare la sporgenza del pancione. Il corpo è sempre protagonista delle inquadrature ed è costantemente accompagnato dalla voce delle cinque donne, mettendo al centro di tutto la padronanza del proprio corpo e la consapevolezza delle proprie esigenze, sensazioni, aspettative e difficoltà.

Anche la trasparenza, il rispetto e l’informazione costituiscono un fil rouge semantico che si concretizza attraverso immagini dai colori caldi, poco saturi e luminosi, e tramite una regia discreta ma che non omette nessun dettaglio permettendo all’utente di vedere chiaramente un processo sì privato, ma su cui si sta adottando uno sguardo “sanitario” e più informativo possibile. 

Le protagoniste vengono inoltre intervistate e, guardando in camera, ci restituiscono direttamente la loro testimonianza su un percorso naturale ma rischioso, durante il quale spesso si ignorano i propri diritti e le informazioni fondamentali per affrontarlo in modo consapevole e sereno.

Da un punto di vista semiotico, lo sguardo in camera delle donne genera un embrayage, cioè il ritorno all’istanza di chi produce il testo (in questo caso il documentario) che solitamente rimane nascosta, costruendo in esso un io, qui e ora diversi da quelli reali di chi lo ha prodotto. In questo caso, l’alternanza di riprese e interviste, fa sì che si rompa questa illusione e che lo spettatore sia sempre cosciente della realtà dei fatti.

Un altro embrayage è riprodotto dalle scritte laterali che in alcuni momenti interpellano l’utente dandogli la possibilità di mettere una crocetta sulle varie opzioni del questionario.

Infine, possiamo notare come l’equipe medica rimanga solo una figura di guida per le pazienti che vi si sono affidate, rispettando le loro scelte e il loro corpo. L’intento di Birth è dunque quello di restituire un’immagine di donna forte, in grado di gestire e di riappropriarsi consapevolmente dell’atto straordinario che è il parto.

Ludovica Giannetti e Germana Iacono

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