Semio-teca è il blog didattico del Laboratorio (2) di scrittura della Laurea Magistrale in Semiotica dell'Università di Bologna. Curato dal docente Antonio Laurino, raccoglie e presenta gli elaborati prodotti dalle studentesse e dagli studenti durante le diverse edizioni del corso, a partire dall'a.a. 2018/2019. I testi che ospita, redatti individualmente o in coppia e oggetto di discussioni critiche collettive, affrontano, da una prospettiva semiotica, temi ed eventi politici, culturali, artistici e mediatici, hanno carattere essenzialmente commentativo e sono rivolti a un pubblico interessato ma non specialista.

A ogni lingua la sua cultura

Quanto è importante la conoscenza delle lingue straniere nella nostra vita? Nel mondo odierno, sempre più interconnesso e basato sulla comunicazione, sembra essere un prerequisito fondamentale, ma non per le ragioni a cui siamo soliti pensare legate a successo e carriera.

Lo studio delle lingue straniere:

  • arricchisce la nostra cultura di nuove visioni e nuovi pensieri;
  • contribuisce a renderci aperti alla conoscenza del diverso;
  • ci permette di non vedere più chi è diverso da noi come un nemico;
  • combatte la cultura omologante della globalizzazione;
  • crea ricche e variegate identità.

Vediamo il perché…

Viaggi e contatti sono sempre più frequenti per non dire inevitabili: questo porta a pensare che ci evolveremo al punto da azzerare le differenze, tutti omologati secondo un’unica grande cultura globale, perdendo le nostre individualità, come sostenuto da Ugo Volli in un articolo su identità e omologazione.

Effettivamente, molte persone viaggiano con la certezza di trovare gli stessi negozi, cibi, comfort a cui sono abituate, anche a chilometri di distanza da casa. La globalizzazione ha contribuito alla proliferazione di spostamenti che non costringono a un contatto con ciò che è diverso rispetto a quanto conosciuto. Gian Paolo Caprettini ribadisce questo concetto in un articolo in cui si interroga sull’esistenza di una cultura straniera spiegando che spesso facciamo molti viaggi, ma non siamo interessati alla cultura di quei luoghi, né riusciamo a comprenderla.

Perciò, il risultato non è una cultura globale, ma una chiusura al diverso, a ciò che è differente da noi. Siamo portati inevitabilmente a vedere un nemico in colui che non ci assomiglia, le cui abitudini e usanze risultano strane e incomprensibili. Sono numerosi gli esempi nella storia, come l’antisemitismo o l’accezione del “negro”, raccontati da Umberto Eco in un articolo sull’invenzione del nemico.

Dunque, cosa c’entra tutto ciò con la conoscenza delle lingue straniere? Non sono altro che la soluzione all’omologazione causata dalla globalizzazione, che genera a sua volta incomprensioni e conflitti culturali.

Attraverso lo studio delle lingue diventa più facile e immediato comprendere e accettare l’altro: il primo passaggio utile per non alzare una barriera davanti a ciò che non conosciamo è iniziare a conoscerlo, proprio a partire dalla lingua. A riprova di ciò, il glottologo Émile Benveniste sostiene che la lingua fornisca molte delle chiavi interpretative degli elementi della società e che lo studio del linguaggio aiuti a capire meglio il pensiero di chi parla e di conseguenza la cultura sottostante a esso.

Il semiologo Jurij Lotman immagina la cultura stessa come un organismo vivente, che chiama semiosfera, il quale traduce continuamente ciò che vi è al di fuori al punto che diventa difficile stabilire limiti e differenze. Tutto si influenza e si arricchisce in uno scambio cooperativo continuo, prendendo spunto proprio dal fenomeno di traduzione delle lingue.

Per concludere, la conoscenza di più lingue straniere è fondamentale per il benessere sociale, ma soprattutto per la formazione di un’identità ricca e variegata, poiché come afferma Caprettini: “la nostra identità dipende dal tipo di traduzioni che siamo in grado di compiere”.

Lucia Biffi 

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